Corale San Martino
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OPERALTRA



Presentazione di Goffredo Gori


Per aiutare il teatro d'opera della tradizionelogo OPERALTRA La materia della cosiddetta lirica, quella di Figaro, delle Lucie, delle Cenerentole, delle Mimì dei gobbi e dei pancioni, può tollerare benissimo la re-invenzione, la elaborazione, la scomposizione: la sua natura d'origine è la contaminazione e commistione di più espressioni d'arte, un contenitore dai frutti più diversi, lo spazio per l'opus.
E' stato sempre così fin dalla nascita del genere: ogni edizione si presenta con anima e vestito diverso.


 Soprattutto per fare teatro: emozione che passa per occhi e orecchie
Magia dello spettacolo in musica che non si racconta.
Non ci proponiamo di entrare in concorrenza con l'altra lirica: quella eccellente dei templi capoluoghi di provincia e quella minore delle città. La proposta è inedita e si pone fuori dalla mischia degli operisti.


L'avventura si chiama teatro di questo millennio: teatro d'opera, oltre l'Opera
Accompagnare le Mimì, le Lucie, le Cenerentole e i Figaro dentro una bottega d'artigiani che amano e credono in quei personaggi di sempre: per una riabilitazione che parli alla contemporaneità, scrostando le fissità di dotte ed inutili riproposizioni filologiche accompagnate quasi sempre a stantie esibizioni di virtuosismi canori. Facendo loro parlare la lingua del nostro secolo: dentro costumi e scenari del nostro secolo. Più comprensibili, meno ostici.


Il teatro d'opera resta tutto intero: non è concerto, non è selezione
Teatro di ricerca, di tendenza. Provocatorio (forse). Non provocazione. E' spettacolo che cresce e si nutre dell'amore e conoscenza dell'opera. Quindi emozione e consapevolezza, rispetto del pubblicocui è diretto.


Si può osare e dire teatro di sperimentazione, di tendenza, parlando di opera lirica?
Di un genere protetto da una malintesa intangibilità, di una mitica sacralità?
Noi crediamo si debba tentare l'avventura. Riflettiamo: oggi sui palcoscenici della prosa, del recitar parlando, nessuno pensa più di rappresentare Amleto o Otello nella sua forma di testualità originaria. Perchè la stessa operazione di comunicazione d'arte non può essere tentata nel recitar cantando del meraviglioso mondo dell'Opera? Prendendo le distanze dal divismo canoro esibizionistico.


L'avventura di un teatro nuovo lontano dalle filologie schizzinose e di moda
Si riscopre il piacere di un "consumismo popolare" tipico dell'epoca passata: sperimentando sulla materia musicale della tradizione, quando il melodramma lo si divulga quasi "rifacendolo", adattandolo di volta in volta. Per diffonderlo, distribuirlo in fantasie ed elaborazioni (quelle di Liszt e di Busoni) per pianoforte, magari con qualche strumento. O con la familiare banda.
L'adattamento non è depauperativo. Anzi. Ci si impegna ad esaltare quello che nel melodramma ha la funzione principe: il canto e l'articolazione della parola e la sua migliore comprensione.
Un ascolto inedito. Diverso: non subalterno. Una proposta che ha l'orgoglio della ricerca e non il complesso dell'inferiorità. L'opera è "l'opus": un lavoro (per definizione) non puro, una miscellanea di arti e artigianato, che sta lì da quattrocento anni, in attesa di essere rivisitato, contaminato.
Ci abbiamo provato con Figaro e Rossini, con "L'elisir d'amore" di Donizetti: azione, canto e musica si son fusi in un teatro senza aggettivi.
Ci proviamo ora con "Don Pasquale", opera terminale dell'ottocento buffo: forse per scrutare se nel nostro futuro di "OperaAltrA" ci può essere anche la rappresentazione del repertorio del melodramma serio, romantico.
Continuiamo il nostro cammino alla ricerca di nuovi modi di far vivere l'opera lirica, controcorrente. Un'avventura che contrasta con la in-civiltà dell'immagine. E nel contempo si prefigge un ritorno all'antico con mezzi della contemporaneità (tecnici e artistici).
Si prefigge di riempire gli spazi interdetti al genere più diffuso del mondo: il melodramma. Una adattività strutturale pensata fin dall'origine, per gli spazi più strani.


Andare là dove è il pubblico della gente
Un contributo nel segno della popolarità, della genuinità: nent'affatto elitario.
Vi siete mai chiesti: la storia dei "Tre tenori", il tenore famoso che canta col cantante pop, i soliti concerti acrobatici, sono forse cosa genuina e popolare? Una dissertazione mondiale che divaga su un "do di petto" o meno: è forse cosa seria. Quanta filologia e quanto demagogica?
Noi cerchiamo lo spirito perduto dell'opera lirica, per ridarlo alla gente. Lasciando ai sacerdoti-integralisti dell'eccellenza le loro rappresentazioni e ricerche per pochi. Più che alla filologia del pentagramma miriamo a quella dell'espressività: che comprende anima e corpo, il volto della storia e quello del teatro.

Goffredo Gori


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